L’artista nei suoi progetti sollecita l’interazione del visitatore e, nel farlo, mette in discussione l’idea stessa di oggetto artistico statico, immutabile, o ritenuto ” finito” dall’artista stesso, interrogandosi piuttosto sulla possibiità di creare opere “incompiute” che raggiungono il proprio compimento solo attraverso la presenza del pubblico. Dopo la visita, il DUBBIO resta.
Pirelli HangarBicocca presenta “Doubt”, la mostra personale di Carsten Höller, artista tedesco tra i più riconosciuti a livello internazionale per la sua approfondita riflessione sulla natura umana. La pratica di Höller è fondata sulla ricerca di nuovi modi di abitare il mondo in cui viviamo e prevede il coinvolgimento diretto del pubblico con l’opera d’arte. Il suo lavoro suscita diversi stati d’animo nel visitatore: gioia, euforia, allucinazioni e, appunto, “dubbi” dando vita a nuove possibili interpretazioni del reale. La mostra, a cura di Vicente Todolí, si espande attraverso due percorsi speculari e paralleli, che richiedono la partecipazione sensoriale del pubblico. Sono i visitatori a poter scegliere come affrontare la mostra e quale percorso intraprendere.
Per Carsten Höller la scelta, infatti, è insita nell’opera d’arte e sin dall’inizio della mostra l’installazione Y (2003), formata da numerose lampadine che si accendono a intermittenza, pone il dubbio sulla direzione da scegliere.
“Doubt” presenta oltre venti opere, sia storiche che nuove produzioni, collocate sull’asse centrale dello spazio, in modo da creare un muro divisorio che permette di vedere le opere solo a metà. Il pubblico deve ricordarle così fino al momento in cui incontra l’altra metà, percorrendo il lato opposto. Grandi installazioni, video e fotografie giocano con le coordinate spaziali e temporali del luogo espositivo, sviluppando un viaggio tra simmetria, duplicazione e ribaltamento.
Il percorso espositivo alterna lavori che rimandano a esperimenti ottici – tra cui Upside-Down Goggles (1994 – in corso), con i quali l’artista invita il pubblico a vedere il mondo capovolto – a quelli legati a una dimensione ludica – come Two Flying Machines (2015), con le quali si può sperimentare la sensazione del volo.
Della mostra, che meriterebbe ampie citazioni su tutto quanto esposto, segnaliamo soprattutto quelle opere che interessano in modo specifico l’elaborazione della luce.
L’opera Double Neon Elevator è composta da tubi al neon di colore verde che nel loro insieme formano pareti luminose. I neon si accendono e si spengono in modo tale da creare la sensazione di ascesa da un lato e discesa dall’altra, come se il visitatore, sostando all’interno dell’opera, si trovasse su un ascensore. Grazie alla sua trasparenza e ai continui cambi di intensità della luce, la struttura Double Neon Elevator provoca l’illusione che lo spazio stesso in cui si colloca si muova.
L’opera Light Corridor si compone di due pareti luminose che lampeggiano a una frequenza di 7,8 hz. Posti alla sommità e lungo i muri, fari con luci LED e lampade a bulbo si accendono e spengono provocando un intenso effetto ottico allucinatorio: luci esterne e campi di colore in movimento, con effetto morphing, si alternano a ombre che fluttuano incessantemente nello spazio. Il fenomeno allucinatorio può modificare lo stato d’animo dell’osservatore e influenzare le onde cerebrali che, come già studiato dal fisico tedesco Hans Berger (1873-1941), possono essere condizionate da stimoli esterni. Light Corridor (2016) può essere anche intesa come una versione gigante della Dreamachine creata da Brion Gysin (1916- 1986): una struttura di forma cilindrica perforata che ruotava intorno a una fonte luminosa fissa. L’effetto lampeggiante, provocato dalle aperture, produceva nell’osservatore uno stato di profonda quiete e una sensazione di leggera euforia.
Milano, Hangar Bicocca – spazio NAVATE dal 07.04. al 31.07.2016
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