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LA LUCE SPOSA L’ARTE DI DIEGO BOIOCCHI

17 Giugno 2016 - Arte e cultura
LA LUCE SPOSA L’ARTE DI DIEGO BOIOCCHI

UN CASTELLO DA SCOPRIRE: 50 opere di Diego Boiocchi disseminate nei due saloni del Castello di Arena Po per una passeggiata nel contemporaneo.

 

“ Non so se la definizione di pittore mi si addica. Faccio disegni figurativi, grafiche, graphic design, collage polimaterici, dipingo a olio e acquerello, i miei lavori sono su carta, tela, legno, materie diverse, scrivo musica per le mie creature artistiche. Ricostruisco il mondo smembrato in una nuova armonia”.

Diego Boiocchi è un silenzioso protagonista del fare arte, oggi. Un silenzioso nel senso che non si presenta sulla scena in cerca di applausi,  viene cercato. Critici, curatori e galleristi di mezza europa lo invitano perché presenti le sue ricerche estetiche che intrecciano il figurativo, l’astratto e il concettuale.

Gli spazi del Castello di Arena Po s’illuminano  con  50 opere esposte realizzate, dal 2014 ad oggi, nella mostra personale SEGNI DI VITA.

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Ogni opera è un collage mentale che attraverso la mano o il computer, una stampante o un plotter, esprime un’eccitazione  vitale sempre nuova. Progetti più che opere, segni, messaggi sublimati in nuove icone del vivere quotidiano eletto ad arte. Il bello della mostra personale di Diego Boiocchi è che fa rivivere, in un concettuale estremo, intenso, implosivo, il silenzio antico  di queste mura con opere meditative  che riflettono la sua personale visione dell’essere quando si affaccia al  divenire.

La radice di queste opere incorniciate ci fa piegare lo sguardo sulle nuove installazioni alla ricerca di identità o diversificazione. Nelle installazioni, “finestre” luminose sul pensiero, Boiocchi traccia il visibile e l’invisibile, tematizza l’intreccio dei sensi,  il soggetto e l’oggetto e si viaggia verso la più universali delle tangenze, quella fra l’uomo e il mondo.

Queste “finestre” retro-illuminate evidenziano una struttura quadrata  sagomata in cui si declinano  testi che portano alla vita e dintorni.

Il focus è concentrato sui  temi della VITA, la FUGA, la GRAVITA’, il LIBERO ARBITRIO. E riaffiora il titolo della mostra, SEGNI DI VITA che ora trova più senso, altri significati. L’ approccio tecnologico essenziale, il ristretto vocabolario del bianco, la quasi scientifica ingegnosità che l’artista ha scoperto nella luce che sposa l’arte , lo avvicinano al visitatore che cerca un nuovo capitolo nella storia dell’arte.

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E c’è poi un flusso musicale rosato che aleggia negli spazi vagamente gotici del Castello. Motivi musicali composti dall’artista, molto Philip Glass,  vagamente X-Files e poco Brian Eno che liberamente accompagnano nella  lettura interrogativa dei temi delle opere  e che nel visitatore  stimolano identità, diversificazione, altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

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