Il Salone del Mobile.Milano, da sempre epicentro mondiale del design, ha compiuto un passo pionieristico collaborando con Lombardini22 e incorporando le neuroscienze nel suo approccio, per offrire spazi in linea con le esigenze dei visitatori e raccogliere dati sulle esperienze del suo pubblico. Questa mossa coraggiosa non solo riflette l’impegno a far progredire il design, ma esemplifica anche la coerenza della bellezza attraverso una pianificazione degli spazi incentrata sulle persone.
Progettare deriva e si sintetizza nella proiezione verso possibili scenari futuri. Supponendo che esistano delle similitudini sia nelle azioni che nelle reazioni delle persone, siamo in grado di immaginare un oggetto e/o uno spazio specifico che funzionino per un gruppo. Il design oggi va però oltre, favorendo l’intreccio di altre discipline che cercano di coprire la vastità della neurofisiologia della percezione.
Ad esempio, in antropologia la trasformazione degli spazi-in-luoghi è un concetto fondamentale che riflette la complessità delle interazioni umane e culturali all’interno di un ambiente, mentre in architettura ciò si identifica con l’emergere di relazioni – con persone, oggetti, luce, suoni, odori, ecc. – cioè una serie di rapporti sinestetici con ciò che ci circonda.
La bellezza di cui parliamo, quindi, è quella che riflette la natura permeabile del nostro cervello e del nostro corpo con l’ambiente, attivando processi che influenzano il comportamento e i pensieri.
COERENZA DELLA BELLEZZA E PIANIFICAZIONE DELLO SPAZIO
Grazie all’approccio interdisciplinare, siamo in grado di affermare che qualsiasi ambiente è in grado di indurre una qualche reazione. Con questa nozione, il progettista ha la grande responsabilità di lavorare in modo dipendente dall’utente e dal contesto, prevedendo i possibili sentimenti e sensazioni all’interno di uno spazio.
Lo spazio, infatti, attivando quei processi di interazione – trasformandosi così in un luogo -, ha la capacità di promuovere o ostacolare la comprensione del significato delle cose, dell’altro e di noi stessi.
Questo, però, non significa essere burattini nelle mani di un designer, anzi, il grado di autonomia sul nostro benessere è di fatto aumentato.
Oggi sappiamo, infatti, che le persone fanno esperienza attraverso il corpo e i sensi, con un sistema cervello-corpo che conferma come percezione e cognizione non siano realtà separabili, ma un meccanismo plastico e mutevole, altamente situazionale.
“Il corpo è la condizione ‘a priori’ della possibilità dell’esperienza” dice il professore di Psicobiologia Vittorio Gallese.
Questo ingranaggio, condizionato dal ritmo e dai tempi delle nostre vite, ha fatto emergere l’importanza di riconoscere come ci troviamo e cosa percepiamo in un determinato ambiente e di essere consapevoli della possibilità di modificare quest’ultimo di conseguenza.
La possibilità di rendere le persone artefici della propria esperienza, in risonanza con l’ambiente che le circonda, segna il fondamento del rapporto tra bellezza e progettazione dello spazio: una danza ricca di sfumature che racchiude la coesistenza armoniosa di forma, funzione e sostanza.
LE NEUROSCIENZE E LA PROGETTAZIONE
In questi termini, la neuroscienza è uno strumento utile. Considerando che la nostra comprensione dell’ambiente circostante è un processo attivo veicolato da filtri sociali, fisiologici e psicologici, esaminare l’impatto di un ambiente è significativo sia come approccio scientifico che etico.
Un luogo è infatti difficilmente misurabile nello spazio e nel tempo, ma è piuttosto possibile attraverso coloro che lo rendono tale abitandolo, anche se temporaneamente: di nuovo, le persone.
Come tante architetture invisibili, ricche di memorie e di risposte non volontarie, ogni luogo ha un significato diverso per chi lo attraversa.
L’interazione dei processi percettivi, affettivi e cognitivi è alla base dell’esperienza della bellezza ed è evidente, quindi, come il design armonico possa influenzare e stimolare il nostro essere.
La chiave della corrispondenza tra scienza ed etica è proprio questa coerenza, che ci ricorda che siamo prima di tutto esseri umani ed offre la possibilità di prevedere e valutare con successo il comportamento delle persone in uno spazio costruito o con gli oggetti che progettiamo, grazie proprio a quegli strumenti che misurano reazioni e interazioni, cercando di leggere quei processi a definizione del genius loci e dell’affordability.
La decisione di integrare le neuroscienze nell’esperienza del Salone testimonia l’impegno a comprendere e migliorare l’interazione del pubblico con ciò che lo spazio Fiera rappresenta e rivela una lungimirante predisposizione ad armonizzare bellezza e pianificazione degli spazi.
Ora, è compito di ogni singolo designer immaginare e realizzare spazi ed oggetti che possano facilitare il quotidiano, non solo aiutando gesti e relazioni, ma migliorando l’ascolto con la propria persona. Verso un’architettura degli “eventi”, che racchiuda tutte le sfaccettature dell’essere umano, in ogni suo momento.
TESTO: MARTINA FRATTURA – COURTESY SALONE DEL MOBILE MILANO
IMMAGINI: ( nell’ordine): ARCHIVIO LIGHT SIGN – MEET DIGITAL CULTURE – ARCHIVIO LIGHT SIGN – BIG BANG ARCHIVIO LIGHT SIGN – DAMIEN HIRST ARCHIVIO LIGHT SIGN
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